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In questo contesto si può ben immaginare che il tema del pranzo di oggi non potevano che essere le recenti elezioni regionali. Guardando il tavolo con occhio critico ci si vedeva seduti attorno un bel gruppo di professionisti: avvocati, un dirigente, un medico, un insegnante, un impiegato, l’ingegnere e l’artigiano. Tutta gente integrata e, a parte i due più anziani, tutti laureati. Ma ci siamo guardati e ci siamo detti qui nessuno di noi è piemontese, nessuno di noi è veramente “padano”.
Per la legge italiana il Ius Soli, diritto di cittadinanza per nascita, non è riconosciuto, se quindi il bambino di una coppia statunitense nasce in Italia sarà lui stesso statunitense e non potrà avere la cittadinanza per nascita. La domanda che è circolata per la tavola è stata se quindi noi tutti immigrati, di prima o seconda generazione, avessimo o meno la cittadinanza padana e se i nostri figli l’avranno per il solo fatto di essere nati in Piemonte. Secondo voi Cota ci rimanderà nei paesi in cui sono nati i nostri padri, sapete che vi dico: non l’abbiamo votato, ma se il Piemonte diverrà troppo verde potremmo decidere che la nostra cultura, la nostra professionalità, la nostra voglia di costruire una società sana stiano meglio in un posto dove non vengono fatte differenze tra padani e non. E forse, ma solo forse, in quel momento vorremo il federalismo fiscale, che lascerà il Nord pieno di infrastrutture vuote e il Mezzogiorno ricolmo di professionisti pronti a cominciare tutto daccapo. Cota non merita la mia famiglia.
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