lunedì 5 aprile 2010

cittadinanza piemontese


Per la Santa Pasqua tutta la famiglia si è seduta attorno al tavolo per dare sfogo alla insaziabile voglia di cibo che dilaga nei grandi raggruppamenti di consanguinei durante le feste. Eravamo poco più venti con un tavolo a parte per i minori di 14, che non hanno il diritto al calice di bollicine a fine pasto. Inutile dire che questo genere di pranzi non ha alcuna possibilità di durare meno delle 4 ore, ma in giornate come oggi si arriva tranquillamente anche a sei. Tutte queste ore e tutto questo cibo esistono solo se la conversazione è attiva e stimolante, tanto che alcune delle decisioni più strambe si prendono proprio in questi pranzi giustificate da lunghi e contorti ragionamenti di gruppo. Vi sono poi momenti di democrazia partecipativa: durante l’ultimo pranzo a casa dei miei la collettività ha deciso che eravamo troppo stretti ed è stato votata la possibilità di abbattere un muro. Può sembrare pazzesco, ma martedì mattina mia madre avrà a casa i muratori che le faranno metteranno fine alla divisione tra salotto e soggiorno.

In questo contesto si può ben immaginare che il tema del pranzo di oggi non potevano che essere le recenti elezioni regionali. Guardando il tavolo con occhio critico ci si vedeva seduti attorno un bel gruppo di professionisti: avvocati, un dirigente, un medico, un insegnante, un impiegato, l’ingegnere e l’artigiano. Tutta gente integrata e, a parte i due più anziani, tutti laureati. Ma ci siamo guardati e ci siamo detti qui nessuno di noi è piemontese, nessuno di noi è veramente “padano”.

Per la legge italiana il Ius Soli, diritto di cittadinanza per nascita, non è riconosciuto, se quindi il bambino di una coppia statunitense nasce in Italia sarà lui stesso statunitense e non potrà avere la cittadinanza per nascita. La domanda che è circolata per la tavola è stata se quindi noi tutti immigrati, di prima o seconda generazione, avessimo o meno la cittadinanza padana e se i nostri figli l’avranno per il solo fatto di essere nati in Piemonte. Secondo voi Cota ci rimanderà nei paesi in cui sono nati i nostri padri, sapete che vi dico: non l’abbiamo votato, ma se il Piemonte diverrà troppo verde potremmo decidere che la nostra cultura, la nostra professionalità, la nostra voglia di costruire una società sana stiano meglio in un posto dove non vengono fatte differenze tra padani e non. E forse, ma solo forse, in quel momento vorremo il federalismo fiscale, che lascerà il Nord pieno di infrastrutture vuote e il Mezzogiorno ricolmo di professionisti pronti a cominciare tutto daccapo. Cota non merita la mia famiglia.

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