giovedì 31 dicembre 2009

Meglio le minorenni


In questi giorni di frenetico shopping a Torino, in Via Lagrange, una via pedonale molto trafficata, è ospitata una mostra sulla comunità Lgbt, Lesbo Gay Bisex e Transgender. L’installazione, che verrà rimossa con l’arrivo dell’anno nuovo, è stata oggetto di dure critiche da parte di vari personaggi politici torinesi, tra questi si è distinto Roberto Ravello un consigliere comunale del Pdl, ribattezzato ultimamente Partito dell’Amore. Ravello ha chiedeva la rimozione della mostra perché a suo dire “offende il buon gusto di chiunque, non soltanto dei cattolici”.



Madonna che allatta


Qualcuno, sicuramente uno psicolabile, incitato dal clima d’odio, ha inciso su una delle foto esposte una croce celtica e una svastica. Il curatore dell’allestimento, Christian Ballarin, ha condannato il gesto riconducendolo al clima d’odio e d’intolleranza nei confronti della comunità Lgbt.

Il presidente del consiglio ha preso una statuetta in faccia e l’Italia si è fermata per due settimane, mentre è cronaca degli ultimi mesi di come la comunità omosessuale romana sia soggetta a incredibili violenze. Inoltre da mesi e si trovano trans morti tutte le settimane e le dichiarazioni più visibili dicono: “colpa dei loro costumi sessuali”. E Noemi Letizia? Andare con le minorenni è un gusto sessuale più accettabile che l’omosessualità!




martedì 29 dicembre 2009

Normalizzare, privatizzare, militarizzare


Israele sta vivendo un momento chiave, definito dagli analisti di "nomalizzazione", per la gestione -non per la risoluzione- del conflitto con i palestinesi. Questo dovrebbe essere il processo che farà diventare più normale lo scontro. La giornalista di Lettera 22, Paola Caridi, nel suo ultimo libro utilizza un'immagine molto esemplificativa per capire di cosa stiamo parlando: attraversando il posto di frontiera israeliano per entrare nella striscia di Gaza si nota un container con dentro un ufficiale palestinese che prende i nomi di chi attraversa il valico, insomma quello che succede in ogni dogana in ogni parte del mondo, l'unica differenza è che non esiste uno stato palestinese. Normalizzare in questo caso vuol dire dimenticarsi il problema della sovranità nazionale e procedere come se esistesse realmente uno stato palestinese. In un conflitto armato che procede da oramai più di 60 anni la normalizzazione, come è facilmente comprensibile, passa attraverso la militarizzazione della società

Privatizzazione. In un progetto del 2003, che ha trovato attuazione dal 2006, molti dei checkpoint che controllano gli accessi tra Israele e Territori Palestinesi Occupati, TPO, sono stati affidati a compagnie di sicurezza privata. Naturalmente il passaggio di consegne tra esercito e agenti privati comporta un notevole esborso di denaro pubblico, giustificato però, secondo una logica di mercato neoliberale, dall'aumento di qualità del servizio. Il risultato più evidente di questa scelta sarà un aumento della militarizzazione del paese. Infatti i soldati che servivano presso i checkpoint, saranno comunque in servizio, la leva in Israele è obbligatoria per tre anni per gli uomini e due anni per le donne, inoltre vi saranno migliaia di nuovi addetti alla sicurezza, che saranno armati e organizzati su turni, con gerarchie molto rigide e vincoli di obbedienza strettissimi, insomma gruppi paramilitari. Sembra inoltre molto probabile che gli agenti di queste compagnie di sicurezza privata saranno reclutati tra gli stessi giovani che avranno appena terminato il servizio militare. Il soldato appena congedato, che magari non ha la possibilità di frequentare l'università, vede come una buona possibilità quella di continuare la stessa vita degli ultimi anni, ma percependo uno stipendio, trasformandosi da soldato a mercenario, senza probabilmente rendersene conto.

Battir. La G.Team Security, ditta molto attiva in Italia, non è tra le cinque compagnie di sicurezza che sono entrate della gestione dei posti di controllo nei TPO, ma ha egualmente un ruolo di comprimario nel settore della sicurezza israeliana, infatti gestisce la sicurezza della rete ferroviaria israeliana. Un caso emblematico dell'operato della G.Team si osserva nel tratto ferroviario a sud-ovest di Gerusalemme, nella municipalità di Battir, villaggio palestinese. Gli abitanti di Battir hanno tutti lo status di rifugiato delle Nazioni Unite, poiché l'esercito israeliano li scacciò dalle loro case sia nel '48, che nel '67. Tornati a Battir gli abitanti scoprirono che Israele aveva preso buona parte dei loro campi a ovest del villaggio, che però si trovavano, secondo tutte la risoluzioni Onu a riguardo, nella zona sotto la giurisdizione palestinese. Su questi campi Israele fece costruire due binari su cui passano i treni da e per Gerusalemme. Per evitare che gli abitanti dei Battir avessero accesso ai binari è stata installata una rete metallica elettrificata e un modernissimo impianto di videosorveglianza. La zona accanto ai binari è piuttosto periferica rispetto al villaggio ad eccezione della scuola elementare che si trova a ridosso della rete elettrificata.

Margarita


Un Margarita ben fatto vale il tempo che serve per la preparazione, i quindici minuti a piedi per raggiungere il bar adatto e i dieci minuti necessari perché il barman si renda conto che esisti e che hai tutte le intenzioni di ordinare.

La regola sulla quale non si può transigere è il giusto bicchiere con la giusta quantità di sale. Il bicchiere deve essere una coppetta bombata che poggia su un lungo stelo. Il bordo del calice inumidito da uno spicchio di lime deve essere appoggiato in un piattino pieno di sale, l’intero bordo del bicchiere si ricoprirà di un sottile e uniforme strato di sale, senza questo il cocktail non ha senso.

Le versioni del Margarita si sprecano, io lo amo molto secco: 3 parti di tequila, 3 parti di triple sec e il succo di mezzo lime, una shekerata energica in ghiaccio abbondante e il gioco è fatto. Da bere nelle sorsate esatte che vi faranno usare tutto il sale che si trova sul bordo del bicchiere.



domenica 27 dicembre 2009

Ricordando Gaza

Un anno fa Israele iniziava l'operazione Piombo Fuso, alla fine del primo giorno di bombardamenti si contavano più di 200 morti. L'operazione Piombo Fuso è durata 22 giorni. A dodici mesi dall'attacco israeliano la situazione a Gaza è dramamtica: Hamas è sempre più potente e radicato nella società, ci sono decine di migliaia di persone che vivono in tende davanti alle case distrutte dai bombardamenti israeliani, i confini della striscia di Gaza sono chiusi ermeticamente da Israele e gli stessi aiuti umanitari solo in casi fortuiti riescono a entrarvici. I pochi internazionali che sono riusciti a a visitare Gaza descrivono la striscia come una prigione a cielo aperto dove è in atto una crisi umanitaria.
I crimini di guerra commessi da Israele durante l'operazione Piombo Fuso sono stati denunciati dal rapporto Goldstone, il rapporto è stato redatto per conto delle Nazioni Unite. Tel Aviv ha accusato Goldstone di antisemitismo e rigettato tutte le accuse riportate dal rapporto. Richard Goldstone è un ebreo Sudafricano.

venerdì 25 dicembre 2009

Turismo a Betlemme

Come si festeggia Natale a Betlemme? La notizia più interessante di quest'anno era riportata ieri dall’agenzia di stampa Maan: il governo israeliano ha deciso di chiudere al traffico internazionale il più grande check point fra Gerusaleme e Betlemme. I turisti che si vorranno recare nella città natia di Gesù, quindi entrare nei territori palestinesi, dovranno passare da un altro check point molto più lontano dal centro di Betlemme. Questa è l’ultima di una serie di decisioni che stanno uccidendo il turismo in Palestina, la prima è più importante è la sistematica cancellazione di confini tra Palestina e gli stati vicini, chiunque tenti di entrare in Cisgiordania è obbligato a passare davanti a dei soldati israeliani che hanno potere assoluto di concedere o meno il visto israeliano, valido anche per i territori, in quest’ottica sono stati bombardati tutti i tentativi di creazione di porti e aeroporti internazionali gestiti dall’Autorità Palestinese.

Alcuni turisti arrivano ancora a Betlemme su grandi bus che vengono parcheggiati a poche centinaia di metri dalla chiesa della Natività, visita veloce e in poco meno del tempo di dirlo si riparte e si torna “al sicuro” in Israele, prima che qualche avventuroso turista trovi il tempo di spendere un paio di euro in Palestina. Tutto è ben organizzato l’unica possibilità di fare acquisti a Betlemme è che l’autista del bus abbia un cugino con un grosso negozio di souvenir e si fermi con il pulman prima di tornare a Gerusalemme.

John ha un negozietto a pochi passi dalla basilica della Natività nelle mie numerose visite e negli innumerevoli caffè con sigarette che abbiamo condiviso sottolinea di quanto si siano ridotti i suoi affari. Negli anni ’90 l’incasso di una piccola attività come la sua era del tutto paragonabile con quella di un venditore di souvenir in piazza San Marco, ma dall’intifada di al-Aqsa gli affari sono andati sempre peggio e sono diventati quasi nulli con la costruzione del muro.

Per chi volesse approfondire qui il link di un breve reportage in inglese sulla situazione del turismo a Betlemme.

giovedì 24 dicembre 2009

La Natività


La chiesa della Natività non è una e singola, bensì è doppia infatti cattolici e ortodossi si sono accapigliati per anni, discutendo a chi dovesse essere affidato questo luogo di culto. La divisione finale sancisce una vittoria ai punti per gli ortodossi che dall’antica basilica, fatta costruire da Elena madre dell’imperatore Costantino, hanno accesso alla grotta dove la tradizione fa nascere Gesù. I cattolici dal canto loro hanno costruito accanto alla basilica una seconda chiesa dalla quale con una stretta scala si accede a una serie di grotte e gallerie scavate dai fedeli nei secoli passati, queste grotte sono state trasformate negli anni in piccole cappelle e hanno un accesso diretto alla grotta della natività. Naturalmente il passaggio dalle cappelle cattoliche alla grotta della natività ortodossa è sbarrato con un solido portone di legno a dimostrazione di quanto sia universale il cristianesimo. Su questo antagonismo tra le due confessioni cristiane esiste una folta letteratura giornalistica che racconta di scazzottate tra preti per chi deve spazzare la chiesa del Santo Sepolcro o anche di un miracolo, parlodel fenomeno conosciuto come il fuoco santo di pasqua, che avviene annualmente da secoli, ma a condizione che a constatarlo siano solo i preti ortodossi poiché se presenziano anche le autorità cattoliche il miracolo non avviene. Evviva la Chiesa Universale.



mercoledì 23 dicembre 2009

Auguri di Cuore

L'autoscatto natalizio di Carlo Vespertino, carissimo amico ed eccelso fotografo.

Le scuse di Jimmy

Jimmy Carter è stato il trentanovesimo presidente Usa, nel quinquennio a cavallo tra gli anni ’70 e gli anni ’80. Durante il suo mandato ci fu la rivoluzione iraniana, che provocò la crisi degli ostaggi nell’ambasciata statunitense, e nel 1980 gli Usa invasero l’Afghanistan. Anche a lui come a Obama è stato conferito il premio Nobel per la Pace, il riconoscimento gli fu assegnato nel 2002 “per l’impegno instancabile per trovare soluzioni pacifiche ai conflitti internazionali”.

Grande merito diplomatico di Carter furono gli accordi di pace di Camp David tra Israele ed Egitto del 1978, tra Begin e Sadat, entrambi premio Nobel per la Pace quello stesso anno. Proprio questo ruolo di primo piano in questa negoziazione catapulta Carter nella polveriera mediorientale. Da sempre acceso sostenitore dei diritti dell’uomo l’ex presidente nel 2006 pubblica un libro dal titolo molto esplicito: “Palesatine, Peace not Apartheid”. La tesi del libro affianca la politica israeliana a quella degli afrikaner sudafricani: sulla stessa terra vivono due popoli, uno di essi domina e reprime con la violenza i diritti dell’uomo dell’altro. Per questo libro Carter fu indicato come antisemita. Per capire meglio con quale clima è stato accolto il libro, si può vedere il documentario “Jimmy Carter Man from Plains”, del premio Oscar Jonathan Demme.

Notizia di questi giorni è la lettera, indirizzata alla JTA -Jewish Telegraphic Agency-, in cui Carter chiede scusa alla comunità ebraica americana per “aver stigmatizzato Israele”. Il presidente statunitense, 85 anni, che più si è battuto per i diritti dell’uomo e che ha ottenuto gli accordi di pace più duraturi per il medioriente come ultimo gesto politico deve inchinarsi alle potentissime lobby pro-israele.



Ancora di neve

Dall'alto della cultura

Il carretto passava e quell'uomo era gelato


lunedì 21 dicembre 2009

Torino di neve

Centri d'Indentificazione ed Espulsione: fermi per neve

Voce Bianca

Servizio civile per immigrati

La deputata Livia Turco ha presentato oggi al Parlamento una Proposta di legge per rendere accessibile il Servizio civile ai giovani immigrati.

Si legge nel documento che il servizio civile è un momento di approfondimento della coscienza civica e facilita l’integrazione sociale. Il Parlamento dovrebbe essere sensibile al tema poiché è allo studio in questi giorni la riforma sulla cittadinanza. Tra le proposte più accreditate c’è quella dell’On. Granata, appartenente corrente finiana del PDL, la quale sarebbe però bloccata in commissione dalle pressioni leghiste. Uno dei nodi da scogliere sembra proprio essere il percorso di conoscenza e avvicinamento alla società civile italiana che il giovane immigrato deve seguire per ottenere la cittadinanza.

La proposta di legge sull’apertura del servizio civile ai giovani immigrati ha le sue radici nell’esperienza triennale del Comune di Torino, dove l’assessorato alle Politiche per l'integrazione, guidato da Ilda Curti, ha attivato già diversi servizio civilisti stranieri e in alcuni casi ne ha permesso l’inserimento lavorativo al termine del servizio.La proposta della Turco è si un forte segnale di apertura , ma il servizio civile sta attraversando un periodo di crisi profonda, infatti in due anni i fondi stanziati dal governo sono stati quasi dimezzati riducendo da 43mila a 25mila il numero volontari in servizio. Il contesto di Torino, città che da sempre è all’avanguardia sui progetti d’inclusione sociale, è ben poco riproducibile su scala nazionale, soprattutto alla luce dei tagli effettuati dal governo sembra molto difficile, anche se altrettanto auspicabile, la creazione di un fondo speciale, 20milioni di euro, per l’attivazione dei nuovi volontari.


armi e alcol

Qual è l’età giusta per comprarsi una birra? e qual è l’età giusta per avere il porto d’armi? Cinicamente quando uno è abbastanza adulto per bersi una birra è anche abbastanza maturo per andare in giro con una pistola e viceversa.

In Israele il governo ha appena mandato una raccomandazione alla Knesset, il parlamento, perché venga innalzata l’età legale per acquistare alcolici dai 18 ai 21 anni. Il nuovo limite di età fa parte di una serie di provvedimenti che il ministro per le sicurezza pubblica, Yitzhak Aharonovitch, sta promuovendo in seno a una campagna di sensibilizzazione al problema dell’alcolismo. Fin qui nessuna stranezza, negli stessi Usa bisogna avere 21 anni per acquistare alcolici.

Una precisazione. Tutti i cittadini israeliani, al compimento del diciottesimo anno, hanno il dovere di prestare il servizio militare, due anni per le ragazze e tre per i ragazzii. Tutti i coscritti hanno un fucile d’assalto, M-16, che viene loro assegnato nei primi mesi della leva e dal quale non si possono separare fino al congedo. Questi giovani militari si accompagnano sempre con il loro M-16 anche mentre non sono in servizio. Ricordo diverse feste in cui qualche ragazzo si presentava in uniforme e con il proprio fucile, questo mi era sembrato molto pericoloso infatti cosa sarebbe potuto accadere se il militare avesse alzato il gomito, ma il governo israeliano ha disinnescato una situazione pericolosa, d’ora in poi alle feste ci saranno fucili e niente più birre. Grazie!

domenica 20 dicembre 2009

Fango rubato

Il modo migliore di iniziare un blog è quello di metterci una foto di una bella donnina famosa, magari con un’ampia scollatura. Così spiegato il perchè della foto.

Da qualche anno nel settore delle creme di bellezza una ditta israeliana, l’Ahava, si è ritagliata uno spazio degno di nota. Le creme sono prodotte per la quasi totalità nei pressi del Mar Morto, in una zona che, secondo tutte le raccomandazioni delle Nazioni Unite, dovrebbe essere sotto il controllo dell’Autorità Palestinese. La politica israeliana non ha mai considerato vincolanti le posizioni dell’Onu, quindi ha lasciato che Ahava si installasse in territorio palestinese e ne sfruttasse le risorse senza versare alcun risarcimento per questo.

E qui veniamo alla Charlotte di Sex and the City, Kristin Davis, che a inizio agosto è stata rimossa dall’incarico di portavoce dall’ong umanitaria Oxfam dopo che la stessa Davis ha firmato un contratto milionario per diventare testimonial della ditta israeliana. Per continuare la scalata nel difficile settore della creme di bellezza, in autunno l’Ahava ha stipulato un accordo con Sephora e in questi giorni di frenetici acquisti pre-natalizi i flaconi provenienti dal Mar Morto si trovano sugli scaffali del noto magazzino francese. Se vedete qualcuno pronto all’acquisto fategli notare che sta per pagare –carissimo- del fango che l’Ahava ha rubato.