martedì 29 dicembre 2009
Normalizzare, privatizzare, militarizzare
Israele sta vivendo un momento chiave, definito dagli analisti di "nomalizzazione", per la gestione -non per la risoluzione- del conflitto con i palestinesi. Questo dovrebbe essere il processo che farà diventare più normale lo scontro. La giornalista di Lettera 22, Paola Caridi, nel suo ultimo libro utilizza un'immagine molto esemplificativa per capire di cosa stiamo parlando: attraversando il posto di frontiera israeliano per entrare nella striscia di Gaza si nota un container con dentro un ufficiale palestinese che prende i nomi di chi attraversa il valico, insomma quello che succede in ogni dogana in ogni parte del mondo, l'unica differenza è che non esiste uno stato palestinese. Normalizzare in questo caso vuol dire dimenticarsi il problema della sovranità nazionale e procedere come se esistesse realmente uno stato palestinese. In un conflitto armato che procede da oramai più di 60 anni la normalizzazione, come è facilmente comprensibile, passa attraverso la militarizzazione della società
Privatizzazione. In un progetto del 2003, che ha trovato attuazione dal 2006, molti dei checkpoint che controllano gli accessi tra Israele e Territori Palestinesi Occupati, TPO, sono stati affidati a compagnie di sicurezza privata. Naturalmente il passaggio di consegne tra esercito e agenti privati comporta un notevole esborso di denaro pubblico, giustificato però, secondo una logica di mercato neoliberale, dall'aumento di qualità del servizio. Il risultato più evidente di questa scelta sarà un aumento della militarizzazione del paese. Infatti i soldati che servivano presso i checkpoint, saranno comunque in servizio, la leva in Israele è obbligatoria per tre anni per gli uomini e due anni per le donne, inoltre vi saranno migliaia di nuovi addetti alla sicurezza, che saranno armati e organizzati su turni, con gerarchie molto rigide e vincoli di obbedienza strettissimi, insomma gruppi paramilitari. Sembra inoltre molto probabile che gli agenti di queste compagnie di sicurezza privata saranno reclutati tra gli stessi giovani che avranno appena terminato il servizio militare. Il soldato appena congedato, che magari non ha la possibilità di frequentare l'università, vede come una buona possibilità quella di continuare la stessa vita degli ultimi anni, ma percependo uno stipendio, trasformandosi da soldato a mercenario, senza probabilmente rendersene conto.
Battir. La G.Team Security, ditta molto attiva in Italia, non è tra le cinque compagnie di sicurezza che sono entrate della gestione dei posti di controllo nei TPO, ma ha egualmente un ruolo di comprimario nel settore della sicurezza israeliana, infatti gestisce la sicurezza della rete ferroviaria israeliana. Un caso emblematico dell'operato della G.Team si osserva nel tratto ferroviario a sud-ovest di Gerusalemme, nella municipalità di Battir, villaggio palestinese. Gli abitanti di Battir hanno tutti lo status di rifugiato delle Nazioni Unite, poiché l'esercito israeliano li scacciò dalle loro case sia nel '48, che nel '67. Tornati a Battir gli abitanti scoprirono che Israele aveva preso buona parte dei loro campi a ovest del villaggio, che però si trovavano, secondo tutte la risoluzioni Onu a riguardo, nella zona sotto la giurisdizione palestinese. Su questi campi Israele fece costruire due binari su cui passano i treni da e per Gerusalemme. Per evitare che gli abitanti dei Battir avessero accesso ai binari è stata installata una rete metallica elettrificata e un modernissimo impianto di videosorveglianza. La zona accanto ai binari è piuttosto periferica rispetto al villaggio ad eccezione della scuola elementare che si trova a ridosso della rete elettrificata.
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